La loro reazione, tuttavia, lo sorprese. Al telefono, la voce della zia si schiarì quasi troppo in fretta. “Certo, Marco. Ne saremmo felici”, aveva detto, con una dolcezza che trapelava da ogni sillaba. Era come se avessero aspettato un’occasione simile per aiutarlo.
Gli zii amavano il gatto, o dicevano di amarlo, e ne comprendevano l’allarme temperamentale. L’accordo sembrava scomodo ma sensato: cibo, piante, pacchetti. Sette giorni, forse sei. Aveva lasciato scatolette in più, timer etichettati, batterie di ricambio e una nota ordinata che ricordava loro l’ostinato catenaccio della porta sul retro.