Per i momenti successivi ci fu una beata quiete. E poi… un altro calcio. Solido. Proprio al centro della schiena. Daniel trasalì. Non era solo l’impatto, era la certezza che ne derivava. Il ragazzo lo aveva capito. Non era troppo giovane. Non era confuso. Semplicemente non gli importava.
E la madre? Non aveva ancora alzato lo sguardo. Daniel si voltò di nuovo, questa volta rivolgendosi direttamente a lei. “Mi scusi”, disse, mantenendo la voce bassa e misurata. “Ho chiesto a suo figlio due volte di smettere di prendere a calci il mio sedile. Potrebbe chiedergli di smettere?” La madre sbatté le palpebre come se fosse stata interrotta da un sogno.